Formazione aziendale: l’arretratezza cronica del settore alberghiero italiano

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Formazione aziendale: l’arretratezza cronica del settore alberghiero italiano

FORMAZIONE, E-NATIVES E ENGAGEMENT – Giovedì scorso 20 si è svolto a Milano un convegno organizzato dalla casa editrice ESTE. Obiettivo e argomento del convegno, una panoramica sui nuovi processi formativi adottati ultimamente dalle aziende italiane. In occasione dell’evento e stato premiato il “Prodotto formativo dell’anno”, progetto a cui sono state riconosciute caratteristiche importanti in termini di replicabilità, innovazione e economicità.

Mi sono trovato al convegno per via della partecipazione di Hospitality School al concorso con il suo metodo di formazione legato agli standard di servizio, metodo che produce sensibili risultati in termine di replicabilità innovazione e economicità nel settore alberghiero garantendo altri risultati di performance e finalmente un sistema di misurazione oggettiva per la qualità del servizio offerta.

Mi sono trovato un po’ spaesato. La gran parte delle aziende orientano la loro formazione su metodiche volte a creare “engagement” tra i collaboratori e le aziende, molte legano percorsi formativi di “formazione esperienziale” (outdoor training)  per motivare le risorse aziendali verso una collaborazione e una socializzazione professionale, alcune hanno sviluppato delle piattaforme interne proponendo a clienti e rete commerciale di vendita corsi interattivi di formazione per “pillole” mutuando l’abitudine all’apprendimento  randomico dei giovani “e-natives” d’oggi.

IL SETTORE ALBERGHIERO ARRANCA – Ho cercato di confrontare le esperienze formative aziendali a cui noi veniamo sollecitati per lo sviluppo dei piani formativi aziendali nel settore alberghiero e mi sono reso conto che il settore alberghiero è indietro di circa 40 anni rispetto a queste nuove “filosofie” di interrelazione tra imprenditori e lavoratori.

E questo spiega il perché della lenta e costante perdita di posizioni dell’Italia tra le destinazioni turistiche nel mondo:  incapacità, infatti, di motivazioni, di collaborazione, di nuovi punti di vista per affrontare i problemi di concorrenza nel mondo sempre più globalizzato. E’ l’intero modo di immaginare il sistema che è da aggiornare. Grandi aziende pensano a creare empatia tra i collaboratori e l’azienda, nei nostri alberghi, semplicemente , si sbaglia addirittura tutto fin dal loro inserimento in organizzazione!

DI CHI E’ LA COLPA? – Molto ci sarebbe da dire circa il ritardo “generazionale“ e “filosofico” del sistema alberghiero in Italia. Ma permettetemi di affermare che la colpa e un po’ di tutti.

Degli imprenditori che continuano a volere fortemente un sistema polverizzato sul territorio, il territorio appunto del 1000 campanili, dei collaboratori che continuano a promuoversi stagionalmente nei diversi alberghi per lavorare sempre nel medesimo modo, senza un minimo di crescita personale non tanto tecnica, quanto tecnologica rispetto alla figura dell’addetto alla fornitura del “servizio” al cliente, delle associazioni di categoria, che non evolvono, non propongono, rimangono statiche sulle posizioni che avevano 50 anni fa senza preoccuparsi di diffondere cultura per combattere la diffusa sensazione di paura che attanaglia gli imprenditori italiani.

Ultimamente circola con molta frequenza la frase per cui ognuno deve prendersi le proprie responsabilità. Credo che di fronte a questa frase i primi a fare un esame di coscienza devono essere le associazioni  in rappresentanza dei datori di lavoro, poi gli imprenditori, infine i lavoratori. Difficile che in un settore cosi “piramidale” organizzativamente parlando si riescano a sviluppare dinamiche “bottom up”.

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Riccardo Laudadio
Direttore Operativo
Hospitality School

2017-12-11T12:22:23+01:00 Novembre 25th, 2014|Categories: Formazione|Tags: , , |0 Comments