Travel Blogging: passione o mestiere? (Part II) – L’opinione: "Lavorare con coscienza critica ed etica"

//Travel Blogging: passione o mestiere? (Part II) – L’opinione: "Lavorare con coscienza critica ed etica"

Travel Blogging: passione o mestiere? (Part II) – L’opinione: "Lavorare con coscienza critica ed etica"

Con un recente post ci siamo inseriti in un dibattito ormai noto, quello che impone di riflettere sul ruolo dei travel blogger.

Viaggiano e si raccontano soltanto per pura passione o, per la maggior parte di loro, il vero scopo è quello di rendere quella passione un mestiere? Implicitamente si incastra qui la solita domanda: quanto conta per loro vedersi offrire esperienze di viaggio gratuite o comunque una retribuzione? E chi offre loro soggiorni e tour in cambio di visibilità online (“tu, blogger, hai la possibilità di viaggiare a mie spese, ma poi parla bene di me”), ci guadagna davvero in termini di promozione o si tratta di racconti e impressioni che popolano una nicchia destinata a rimanere tale?

Abbiamo invitato a condividere con noi la sua opinione Guido Bosticco, insegnante, filosofo, giornalista, impegnato in veste di docente in un progetto interessante, La Scuola del Viaggio. Riportiamo qui di seguito – in versione rigorosamente integrale – il suo pensiero.

 

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C’è una frase di Proust, citatissima, che però rende bene l’idea: «L’unico vero viaggio verso la scoperta non consiste nella ricerca di nuovi paesaggi, ma nell’avere nuovi occhi».

Ma che idea rende bene? L’idea che il viaggio sia anzitutto un atto creativo. Viaggiare non significa “flaggare” sulla cartina dei luoghi: Egitto? Fatto. India? Fatta. Senegal? Fatto. Transiberiana? Fatta. Transandina? Fatta.

Fatta come? Fatto cosa?

A volte basta fermarsi un istante in un luogo e pensare: se dovessi raccontarlo a qualcuno, questo luogo, come potrei descriverlo? E se volessi disegnarlo da dove partirei? E per fotografarlo, dove dovrei mettere la macchina? Tre semplici domande che stanno alla base di una ricerca creativa nel viaggio. Tre domande che ci chiedono di essere elementi attivi. Tre domande la cui risposta rappresenta un viaggio dentro il viaggio.

Chi scrive viaggia due volte. Idem chi fotografa o disegna. E questo è un dono che, per chi lo sa cogliere, è impareggiabile. È impagabile, perfino coi soldi proprio.

Eppure si può anche viaggiare e scrivere e fotografare e disegnare per soldi. Niente di male. Anzi è un lavoro magnifico. Cambiano un po’ le regole (più professionalità, tempi più stretti, trucchi del mestiere, meno ingenuità, capacità di cogliere la notizia o la curiosità, etc.). Ma la sostanza non cambia. E chi fa questo lavoro oggi, lo fa sì per guadagnare, ma soprattutto per passione. Infatti non gira molto denaro nel settore, se non per pochi grandi nomi. Però gli spazi sono ampi e di ogni tipo.

Uno di questi è quello dei travel blogger. Ora si leggono qua e là polemiche sull’uso massivo dei blogger per promuovere le città, chiamando in causa la libertà di espressione, l’indipendenza e la correttezza di queste operazioni. Il nocciolo è: se ti pago il viaggio tu parli bene di me.

Ma questa non è una novità. Il giornalismo (e non solo quello di viaggio) è da sempre legato anche a questa pratica. Si chiamano “educational” o si chiamano viaggi-stampa. Magari in occasione di un evento all’estero, di un film che stano girando, di una mostra oppure di una destinazione turistica, appunto. Il format è quello: viaggio pagato, articolo benevolo. Il problema dell’indipendenza del giornalista (e oggi quello del blogger) è lo stesso da sempre: o sei indipendente o non lo sei. O accetti di andare o non accetti. Se accetti e riesci ad essere indipendente, bene. Se invece accetti anche l’idea che sarai più benevolo… bene lo stesso. È affar tuo, della tua professionalità, della tua credibilità.

Solo che la credibilità della carta stampata è garantita – e molto – dalla testata in cui si scrive, dal suo brand, e dalla catena di comando che la gestisce e che sceglie con te (e un po’ per te) che cosa sia meglio fare. La credibilità di un blogger indipendente, invece, è data solo e soltanto da ciò che egli scrive. Ed è la sua unica ricchezza. D’altro canto, si deve pur campare e se lo si vuole fare in questo ambito, bisogna trovare una via che tenga insieme etica e portafoglio. È possibile, basta selezionare e lavorare con coscienza critica ed etica. Ognuno parli per sé.

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Guido Bosticco – Filosofo di formazione, giornalista per necessità. Insegna scrittura e professioni dell’editoria all’Università di Pavia, è docente alla Scuola del viaggio. Ha fondato Epoché, agenzia giornalistica culturale. Scrive, suona e viaggia come e quando può. È autore di diversi articoli filosofici e di “Riempire i vuoti. Un manuale (soggettivo) di scrittura e comunicazione” (Ibis, 2007); “La tromba a cilindri. La musica, io e Pasolini” (Ibis, 2008), con il jazzista Guido Mazzon.

Photo by Vince Cammarata – Fosphoro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La Scuola del Viaggio – E’, dal 2005, la prima scuola dei viaggiatori in Italia. Nata dal lavoro congiunto delle tre Università di Pavia, Pisa e della Svizzera italiana, ha come obiettivo quello di insegnare a viaggiare o, per meglio dire, di aiutare a migliorare la capacità di comprendere e raccontare i luoghi attraverso la scrittura, la fotografia e il disegno. La prossima edizione della Summer School si terrà a Matera dal 22 al 29 luglio 2012, ci sono ancora posti disponibili per chi volesse partecipare.